Il cervello umano, com’è risaputo, non invecchia in maniera uniforme per tutti. Mentre alcuni individui preservano le loro capacità cognitive più a lungo, altri subiscono un declino precoce e questo alle volte può risultare nel manifestarsi di patologie neurodegenerative.
Per studiare e misurare con maggiore precisione la velocità e la modalità di questo processo, un team di alcuni ricercatori dell’Università della California del Sud ha sviluppato un modello basato sull’intelligenza artificiale.
Mentre fino ad oggi l’età biologica del cervello veniva calcolata tramite una risonanza magnetica effettuata in un preciso momento della vita, il nuovo metodo confronta le immagini cerebrali raccolte in momenti diversi della vita di una persona. Una rete neurale artificiale è, così, in grado di elaborare i dati raccolti per determinare variazioni neuroanatomiche e, di conseguenza, segnali di invecchiamento accelerato.
Una delle scoperte più notevoli di questa ricerca interessa la differenza di genere nell’invecchiamento cerebrale. L’analisi ha evidenziato come alcune aree cerebrali negli uomini e nelle donne subiscano cambiamenti a velocità differenti. Questo potrebbe spiegare, almeno parzialmente, le diverse probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative tra i due sessi. Ad esempio, l’Alzheimer è più comune nelle donne, mentre altre forme di deterioramento cognitivo colpiscono con maggiore frequenza gli uomini.
In aggiunta, è emerso che il modello basato sull’IA è strettamente legato ai risultati dei test cognitivi: Le persone il cui cervello invecchia più velocemente tendono a manifestare un declino più evidente nelle capacità cognitive.
Questa scoperta dimostra il ruolo cruciare che può giocare la tecnologia nell’individuare soggetti a rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer prima che si manifestino sintomi evidenti e cambiare in maniera significativa l’approccio al trattamento.
Grazie all’intelligenza artificiale la medicina potrebbe diventare sempre più personalizzata e, nel caso specifico dello studio dell’invecchiamento cerebrale, i medici potranno prevedere il rischio di sviluppare demenza, personalizzare le terapie e testare nuovi farmaci con largo anticipo.
Lo studio dell’Università della California del Sud ha aperto nuove prospettive nella comprensione del cervello umano e del suo invecchiamento. Sebbene resti ancora molto da scoprire, i risultati ottenuti suggeriscono che questa tecnologia potrebbe diventare cruciale per affrontare le sfide neurologiche. La possibilità di monitorare il declino cognitivo in modo non invasivo offre nuove opportunità per prevenire e gestire le malattie neurodegenerative. Se questo modello verrà perfezionato e adottato su larga scala, potrebbe rivoluzionare il nostro approccio alla salute cerebrale, migliorandola nel tempo.
Fonte: ANAP